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Donna e violenza: La storia è attualità!

“Siamo state amate e odiate,
adorate e rinnegate,
baciate e uccise,
solo perché donne.”
Alda Merini

Il modo migliore per comprendere al meglio l’importanza di questa giornata è prima di tutto capire i processi storici che hanno portato ad istituzionalizzare la data del 25 novembre. La Giornata internazionale contro la violenza sulle donne è una ricorrenza istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. E’ stata scelta questa data per commemorare la vita, l’attivismo e soprattutto il coraggio di 3 sorelle: Patria, Maria Teresa e Minerva Mirabal. Nel 1960, la Repubblica Dominicana era guidata dal generale Trujilo, le sorelle Mirabal decisero di impegnarsi nell’attivismo politico, denunciando gli orrori e i crimini dalla dittatura. Ma il 25 novembre 1960 le tre sorelle vennero torturate, stuprate ed infine uccise dai sicari di Trujillo, e i loro corpi vennero gettati in un dirupo per simulare un incidente. L’indignazione per la loro morte sollevò un moto di orrore, ponendo l’attenzione internazionale sul regime dominicano e sulla cultura machista, che non riconosceva alle donne l’occupazione di uno spazio pubblico e politico. Pochi mesi dopo il loro assassinio, Trujillo fu ucciso e il suo regime cadde. L’unica sorella sopravvissuta, perché non impegnata politicamente, Belgica Adele ha dedicato la sua vita a mantenere viva la memoria delle sorelle. È in ricordo di Patria, Maria Teresa e Minerva che ogni 25 novembre si inaugura un periodo di 16 giorni dedicato all’attivismo contro la violenza di genere, che si conclude il 10 dicembre con la Giornata Internazionale dei diritti Umani.

I dati dimostrano che la modernità è arrivata quasi in tutto: nella tecnologia, nei trasporti, nelle comunicazioni, nell’alimentazione, ma rapporti più civili tra i sessi sembrano essere ancora una conquista lontana. Durante la nostra vita abbiamo sentito parlare tante volte di violenza nei modi più disparati, ma sembra essere un germe che continua a persistere, nonostante tutte le azioni intraprese per contrastarlo. Generalmente la violenza è attuata da coloro i quali non riconoscono alla donna la propria libertà ed indipendenza, la ritengono un oggetto in loro possesso, incapace di vivere. Il tema della violenza è strettamente connesso a quello della libertà, perché nel momento in cui a qualcuno viene riconosciuta la propria libertà, lo si lascia libero di essere ciò che è, e ciò che riconosce di essere. Basandoci su una delle ultime tragedie avvenute, ovvero quella di Giulia Cecchettin, vogliamo riflettere su come tali eventi, a differenza di come possa sembrare, avvengano in contesti quotidiani. Giulia, una ragazza semplice con una vita tranquilla e ad un passo dalla laurea, si è vista strappare via tutto da colui che aveva ritenuto, fino a poco tempo prima, una delle persone a lei più vicine. L’ennesima vittima di una violenza che si è dimostrata essere piscologica, prima di manifestarsi fisicamente, culminando infine con l’omicidio. Spesso il processo che avviene dietro tutte queste storie è simile: quando la donna inizia ad avvertire i primi sintomi di una relazione tossica e decide di allontanarsi, viene insinuato il senso di colpa da parte di colui che si rivelerà esserne il carnefice. I segnali di un rapporto malato si presentano poco a poco, al principio sembra andare tutto a gonfie vele fino a quando l’uomo inizia a sentire il desiderio distorto di esercitare il controllo sulla vita della partner, iniziando a considerarla non più come una compagna di vita ma come una proprietà. Tra le cause che portano a questi finali amari c’è una visione sbagliata che si riflette anche nella nostra società, facendo si che l’uomo si senta superiore e forte. Una società, che volente o nolente, è segnata da una forte impronta patriarcale, la quale si caratterizza proprio per la disuguaglianza di genere, in cui il potere è prevalentemente nelle mani degli uomini. E la maggior parte degli indizi che indicano una società patriarcale sono talmente radicati nell’immaginario collettivo da essere considerati abituali, come, ad esempio, il catcalling, di cui si è discusso a lungo soprattutto nell’ultimo anno, le molestie subite in strada e le battute sessiste. Nessuno tra questi, e insieme a tutti i vari aspetti, deve essere sminuito e considerato poco importante, perché la violenza di genere è la diretta manifestazione di tutte quelle disuguaglianze che generano soprusi incessanti che aumentano quotidianamente e che si concludono, nella maggior parte dei casi, con il femminicidio. Analizzare le cause di queste terribili disgrazie è complicato e contorto, bisogna scavare più a fondo di ciò che si potrebbe pensare. E’ vero è il singolo individuo a compiere l’azione ma l’origine delle sue credenze potrebbe essere attribuito, anche se solo in parte, alla cultura moderna? Cultura che ha trasmesso precetti e convinzioni che è il più forte a dominare, a controllare il potere, e come conseguenza la sopraffazione delle minoranze, in questo caso le donne, percepite come una proprietà pronta a soddisfare qualunque richiesta e il rifiuto non è contemplabile, spersonalizzate e private delle loro opinioni. Ad oggi nel nostro Paese, non è così estrema la situazione come in altre culture straniere, il genere femminile può raggiungere cariche alte ed esprimere la propria ideologia ma non si può negare che per loro è comunque più difficile conseguire questi traguardi, e quando succede gli stereotipi di genere tornano a galla. Nella sfera domestica alle volte è più difficile accettare l’indipendenza e l’emancipazione della donna, ci portiamo dietro ancora vecchi retaggi culturali, dove sono attribuiti dei ruoli specifici all’interno del nucleo familiare, ovvero quello di “madre” e “moglie” per la donna, “colui che provvede” e “leader” per l’uomo; in un diverso ruolo potrebbero cambiare le dinamiche familiari consolidate nel tempo, generando resistenza da parte di coloro cresciuti in diverso contesto sociale con tradizioni e valori che non si adattano ai giorni odierni.

Rispettare la donna in quanto persona, e non inquanto donna significa fare un primo passo verso sé stessi, perché se non si è in grado di rapportarsi in maniera egalitaria verso tutti, significa trascurare tutti quei valori che cerchiamo giornalmente di portare alla luce.